Frasi sulla stampa
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Frasi sulla stampa di Enzo Biagi
Un direttore che svela chi si cela dietro uno pseudonimo, anche se lo fa per salvarsi, non avrà più la fiducia e la stima della redazione.
Tutte le cose devono essere esaminate, discusse, indagate senza eccezioni e senza riguardo per i sentimenti di nessuno.”
Quanto dolore cani vivisezionati interrogatori investimenti rivoluzioni esecuzioni una mano nell’ingranaggio un parto cesareo un naufragio… Questo grida il giornale al mattino sul comodino odoroso di stampa e sangue.
Se una mattina io camminassi sulle acque del fiume Potomac, i titoli del mattino seguente sarebbero: IL PRESIDENTE NON SA NUOTARE.
I giornali sono un brutto vizio. Sono l’equivalente, in campo letterario, delle tavole calde in campo gastronomico.
La differenza tra letteratura e giornalismo consiste nel fatto che il giornalismo è illeggibile e che la letteratura non viene letta.
E’ una calunnia che i giornali non stimolino i propri lettori al pensiero. Di certo li portano ai cruciverba.
Ho quasi smesso di fare politica quando ho visto quello che stava succedendo. Ricordo le prime pistole all’Università. Andavo alle manifestazioni ma con sempre minore entusiasmo. La cultura politica in realtà me la sono fatta al manifesto.
Leone Tolstoj ripeteva spesso che per conoscere davvero un paese bisognava visitarne le prigioni: noi sosteniamo invece che è sufficiente (e più agevole) scorrerne i quotidiani.
Quando sono arrivato io, tanti anni fa, c’era gente che già se ne andava, Gianni Riotta, Ritanna Armeni. Ma non esisteva la categoria del tradimento per nessuno. Se ne sono andati tanti dal manifesto, Mauro Paissan, Giorgio Casadio, Grazia Gasparri, Tiziana Maiolo.
A Pertini mi legava un’amicizia perfino imbarazzante, che il presidente ostentava senza reticenza. Interveniva per telefono anche alle riunioni mattutine de la Repubblica, e la sua voce energica portava allegria.
Ci sono due specie di giornalisti: quelli che si interessano a ciò che interessa il pubblico; e quelli che interessano il pubblico a ciò che gli interessa – e questi sono i grandi.
Un giornale che è fedele al suo scopo si occupa non solo di come stanno le cose, ma di come dovrebbero essere.
Presentalo brevemente così che possano leggerlo, chiaramente così che possano apprezzarlo, in maniera pittoresca che lo ricordino e soprattutto accuratamente, così che possano essere guidati dalla sua luce”
Se la libertà significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuole sentire.
[«Lei non prova imbarazzo a firmare un decreto su Retequattro?»] Io non provo nessun imbarazzo, piuttosto mi chiedo se non lo prova lei, a scrivere per un giornale come l’Unità.
Il giornalismo dovrebbe essere testimonianza e distacco, ma quando racconti storie emotivamente forti è difficile non restarne coinvolti.
Non penso che tutti i rapporti dei servizi segreti siano scottanti. Alcuni giorni apprendo di più dal New York Times.
Solo sei mesi fa… la paura della deflazione era di moda… Ora veniamo spinti a preoccuparci dell’inflazione. O le cose cambiano davvero così rapidamente, o semplicemente i giornalisti devono continuare a trovare qualcosa di nuovo con cui farci preoccupare.
Il compito di un dottore è guarire i pazienti, il compito di un cantante è cantare. L’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede.
Nei Paesi con libertà di stampa, le cose importanti da sapere sono di solito quelle che non accade di leggere perché i giornali sono liberi di non stamparle.
Per rendersi conto di chi sono i nostri avversari basta andarsi a leggere l’Unità: lì sono contenuti tutto l’odio e tutta l’invidia della sinistra.
E guardando i giornali con un minimo di ironia li dovremmo sfogliare come romanzi di fantasia che poi il giorno dopo e anche il giorno stesso vanno molto bene per accendere il fuoco o per andare al cesso.
Considero il giornale un servizio pubblico come i trasporti pubblici e l’acquedotto. Non manderò nelle vostre case acqua inquinata.
“Il Conciliatore” assunse un carattere che dal punto di vista puramente dottrinale può dirsi eclettico; questo eclettismo resterà tipico di gran parte del liberalismo moderato italiano del Risorgimento.
La notizia è quella cosa che qualcuno, da qualche parte, non vuole sia pubblicata. Tutto il resto è pubblicità
Nessun uomo conosce il significato di una QUALSIASI cosa pubblicata in un qualsiasi giornale se non conosce quali interessi controllano il giornale.
Ho sempre sognato di fare il giornalista, lo scrissi anche in un tema alle medie: lo immaginavo come un ‘vendicatore’ capace di riparare torti e ingiustizie, ero convinto che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo.
Io e Roberta Carlin, che era il mio vice direttore, pensavamo che il manifesto dovesse essere prima di tutto un giornale. Altri pensavano che dovesse essere un progetto che usava il giornale per fare politica.
Tutto ciò che appare sui giornali non è che un sintomo. Quando un sintomo è isolato, anche l’impressione che suscita può essere passeggera e facilmente dimenticabile. È quando i sintomi appaiono ripetutamente o periodicamente che essi lasciano un sedimento in noi stessi.