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Se sognare un po’ è pericoloso, il rimedio non è sognare di meno, ma sognare di più, sognare tutto il tempo.
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Con le donne che non ci amano, come con i “dispersi”, sapere che non si ha più nulla da sperare non impedisce di continuare ad attendere.
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Molto spesso, per riuscire a scoprire che siamo innamorati, forse anche per diventarlo, bisogna che arrivi il giorno della separazione.
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È davvero raro che ci si lasci in buon accordo, perché se si fosse in buon accordo, non ci si lascerebbe.
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Dobbiamo essere grati alle persone che ci rendono felici, sono gli affascinanti giardinieri che fanno fiorire la nostra anima.
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Lavoriamo continuamente per dare forma alla nostra vita, ma copiando nostro malgrado, come un disegno, i lineamenti della persona che siamo e non di quella che ci piacerebbe essere.
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La saggezza non si riceve, bisogna scoprirla da sé dopo un percorso che nessuno può fare per noi, né può risparmiarci, perché è un modo di vedere le cose.
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Il solo vero viaggio, il solo bagno di giovinezza, non sarebbe quello di andare verso nuovi paesaggi, ma di avere occhi diversi, di vedere l’universo con gli occhi di un altro, di cento altri, di vedere i cento universi che ciascuno di essi vede, che ciascuno di essi è.
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Non si trova mai una cattedrale, un’onda in una tempesta o il salto di una ballerina grande quanto ci si aspettava.
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Il vero viaggio di scoperta non consiste nel trovare nuovi territori, ma nel possedere altri occhi, vedere l’universo attraverso gli occhi di un altro, di centinaia d’altri: di osservare il centinaio di universi che ciascuno di loro osserva, che ciascuno di loro è.
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Non si riceve la saggezza, bisogna scoprirla da sé, dopo un percorso che nessuno può fare per noi, né può risparmiarci, perché essa è una visuale sulle cose.
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Calma non può esserci nell’amore, perché quel che si è ottenuto è sempre e solo un nuovo punto di partenza per desiderare di più.
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Non si trova mai una cattedrale, un’onda in una tempesta, il salto di una ballerina abbastanza alto come ci si aspettava.
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Non ci sono forse giorni della nostra infanzia che abbiamo vissuto così pienamente come quelli che abbiamo trascorso in compagnia di un libro prediletto.
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Vedevo d'improvviso una nuova faccia dell'Abitudine. Fino a quel momento l'avevo considerata soprattutto come un potere distruttivo che sopprime l'originalità e addirittura la coscienza delle percezioni; ora la vedevo come una divinità temibile, così inchiodata a noi, con il suo viso insignificante così confitto nel nostro cuore che si stacca da noi, se ci volge le spalle, questa divinità che quasi non distinguevamo ci infligge sofferenze più terribili di qualsiasi altra e allora diventa crudele come la morte.
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Viviamo, di solito, con il nostro essere ridotto al minimo; la maggior parte delle nostre facoltà resta addormentata, riposando sull'abitudine, che sa quel che c'è da fare e non ha bisogno di loro.
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L'abitudine! Ordinatrice abile ma assai lenta, che comincia col lasciar soffrire il nostro spirito per settimane in un'installazione provvisoria; ma che, nonostante tutto, esso è ben fortunato d'incontrare, giacché senza l'abitudine e limitato ai suoi soli mezzi sarebbe impotente a renderci abitabile una stanza.
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Se l'abitudine è una seconda natura, ci impedisce di conoscere le prima, della quale non ha né la crudeltà, né gli incanti.
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Se non ci fosse l'abitudine, la vita dovrebbe apparire deliziosa a esseri che vivono nella continua minaccia della morte - cioè, a tutti gli uomini.