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Eppure un guizzo solo di primavera basta a rendere allegra l’anima vedova, a mutare in panni di esaltata Arlecchina queste ostinate gramaglie.
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L’impazienza di Dio nel pubblicare il mondo non finisce di stupirmi. Cose così si tengono nel cassetto per sempre
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Scrivere con un dito sulla polvere d’una capote il segreto più geloso di sé. Aspettare come un’assoluzione una pioggia che lo cancelli.
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Non è l’affievolirsi della vista, dell’udito, della memoria, della libido che segna l’avvento della vecchiaia e annunzia la prossima fine; ma è, dall’oggi al domani, la caduta della curiosità.
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Per quanti minuti della giornata io sono io? Per quanti altri replico una maschera, un gesto imposto da un regista che non si vede e che ignoro?
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Vi sono suicidi invisibili. Si rimane in vita per pura diplomazia, si beve, si mangia, si cammina. Gli altri ci cascano sempre, ma noi sappiamo, con un riso interno, che si sbagliano, che siamo morti.
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Un teatro era il paese, un proscenio di pietre rosa, una festa di mirabilia. E come odorava di gelsomino sul far della sera. Non finirei mai di parlarne, di ritornare a specchiarmi in un così tenero miraggio di lontananze.
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Capita a volte di sentirsi per un minuto felici. Non fatevi cogliere dal panico: è questione di un attimo e passa.
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Chi si leva dal letto perché soffre d’insonnia, non merita quel privilegio. I nottambuli sono dei disertori.
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Il peccato è stato inventato dagli uomini per meritare la pena di vivere, per non essere castigati senza perchè.
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