Frasi sulla recitazione
Recitare consiste nell’assorbire le personalità di altre persone e nell’aggiungervi parte della propria esperienza.
C’è chi nasce per recitare: gente che ha la passione per il teatro nel sangue, e si applica per tutta la vita a perfezionare la propria arte, raggiungendo talvolta la grandezza. Altri iniziano a recitare per puro caso, dopo anni di ricerca di un mezzo per esprimere la propria personalità, anche fra questi qualcuno raggiunge la grandezza. Stroheim appartiene alla seconda categoria.
È difficile lavorare su un set. Non puoi conoscere tutti. Ci sono cinquanta, a volte anche sessanta persone in giro… uno ti pettina, l’altro parla del tuo guardaroba, e tutti fanno pressione, ti fanno fretta mentre pensi: Dio, adesso devo andare davanti alla cinepresa e recitare.
Il comico ti da una soddisfazione immediata perché vedi il risultato subito, se porti il pubblico dalla tua parte facendolo ridere. Con il drammatico senti la tensione, ma non avverti in realtà il contatto con il pubblico.
Nessuno dovrebbe provare a recitare in una commedia a meno che non abbia un circo attivo al proprio interno.
Ciò che cementifica una coppia è il dovere di recitare, non il piacere di essere. Se uno sposa il piacere di essere, deve andare all’altare da solo a dirsi sì.
Questa parola, empatia, è forse l’unica ragione per cui continuo a recitare. […] Se sono chiamato a interpretare una persona che ha uscciso qualcuno, non posso identificarmi con lei ma posso empatizzare emotivamente. Qualsiasi sia la sua motivazione ho il compito di trovarla.
Non c’è grande differenza tra essere un comico monologhista o recitare Shakespeare. In realtà, a meno che non sei un buon comico, non sarai mai in grado di recitare Amleto correttamente.
Per recitare bisogna usare la fantasia… è reinventarsi in ogni ruolo che ci viene proposto. È divertente interpretare una regina, o credersi di essere Cameron Diaz, o Marisa Tomei per qualche ora e poi tornare alla propria vita di tutti i giorni.
È più facile recitare e esibirsi che essere coerenti, più facile eccitare e distrarre che far pensare, più facile impressionare che convincere.
John, Flash Gordon è colui che ha influito maggiormente nella nostra formazione. Ci ha insegnato il giusto e lo sbagliato, il bene e il male, e che la parola “recitare” ha una definizione estremamente ampia.
Se volete sapere davvero cosa voglia dire recitare non guardate film, ma andate piuttosto a qualche party a Hollywood.
Sono contento che nessuno mi abbia insegnato a recitare: perché così, non sapendo recitare, recito benissimo.
Non potrei mai recitare dei dialoghi fasulli, ogni film deve somigliare in un modo o nell’altro alla mia esperienza reale.
Recitare è dolore, estasi del movimento, affettazione del divenire, occultazione del presentare. Recitare è entrare nel personaggio e uscire, entrare e uscire, avanti e indietro, e non vorrei andare oltre in questa similitudine…
Ho sviluppato un stile, qualunque esso sia, solo perché recitare mi imbarazzava. Per me era doloroso fare un gesto più ampio del minimo indispensabile. Ma un attore deve enfatizzare i propri movimenti se vuole “farli arrivare”” al pubblico. Ero così timido che persino alzare un braccio per indicare qualcosa richiedeva tutto il mio coraggio.
Recitare, per me, è l’incredibile avventura di esaminare il paesaggio del cuore e dell’anima umana. Questo è fondamentalmente ciò che facciamo.
Credo che un artista che ama questo mestiere debba giostrare tutte le discipline di questa arte. Saper cantare, recitare, scrivere fa parte di una scelta personale che mi ha allungato la carriera.
Alla fine delle riprese di un film, girato con un attore noto per il carattere difficile, Katharine Hepburn sbottò: ‘Grazie a Dio non dovrò più recitare con te!’ E l’altro: ‘Non mi ero accorto, cara, che tu lo avessi fatto’.