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Amare è stancarsi di essere solo: è dunque una vigliaccheria e un tradimento verso noi stessi (è sovranamente importante non amare)
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Non è nei vasti campi o nei grandi giardini che vedo giungere la primavera. È nei rari alberi di una piccola piazza della città. Lì il verde spicca come un dono ed è allegro come una dolce tristezza.
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Io non sono niente. Non sarò mai nulla. Non potrei voler essere qualcosa. A parte questo, ho in me tutti i sogni del mondo.
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Ogni volta che qualcuno mi dice che ha sognato, mi chedo se si rende conto che non ha mai fatto altro che sognare.
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Felice è colui che dalla vita non esige più di quello che essa spontaneamente gli offre, facendosi guidare dall’istinto dei gatti, che cercano il sole quando c’è il sole e quando non c’è il sole, il caldo, dovunque esso sia.
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Non c’è felicità se non con consapevolezza. Ma la consapevolezza della felicità è infelice, perché sapersi felice è sapere che si sta attraversando la felicità e che si dovrà subito lasciarla. Sapere è uccidere, nella felicità come in tutto.
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Se la vita non ci ha dato altro che una cella di reclusione, facciamo in modo di addobbarla, almeno, con le ombre dei nostri sogni.
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Che cos’è viaggiare e a cosa serve viaggiare? Qualsiasi tramonto è il tramonto; non è necessario andarlo a vedere a Costantinopoli.
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Il tramonto si diffonde fra le nuvole isolate, separate in tutto il cielo. Riflessi di ogni colore, riflessi tranquilli, riempiono le varietà dell’aria in alto, fluttuano assenti nelle grandi pene dell’altitudine.
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Quello che distingue le persone le une dalle altre è la forza di farcela, o di lasciare che sia il destino a farla a noi.
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Nostalgia! La sento anche per qualcuno che non significava nulla per me, per l’ansia per il volo del tempo e una malattia alimentata dal mistero della vita. Se uno dei volti che incrocio ogni giorno sulla strada scompare, mi sento triste; eppure non significavano niente per me, se non essere un simbolo di tutta la vita.
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La tristezza solenne che abita in tutte le grandi cose sulle vette come nelle grandi vite, nelle notti profonde come nei poemi eterni.
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Il mondo visibile continua regolarmente alla luce del sole. Il mondo sconosciuto ci spia dall’ombra.
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In me, l’intensità delle sensazioni è sempre stata meno forte rispetto all’intensità della sensazione di esse. Ho sempre sofferto più per la coscienza di soffrire che per la sofferenza di cui avevo coscienza.
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Vivo con intensità soltanto le sensazioni minime e relative a cose piccolissime. Credo che ciò avvenga a causa del mio amore per la futilità, oppure per la mia scrupolosa attenzione ai dettagli. O piuttosto ciò dipende dal fatto che le cose minime, non avendo assolutamente nessuna importanza sociale o pratica, hanno proprio per questa assenza, una totale indipendenza da entità contaminate dalla realtà.
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Chissà se il romanzo non sarà una realtà più perfetta e una vita che Dio crea attraverso noi, e se noi – chissà – esistiamo soltanto per creare?
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Nella vita attuale il mondo appartiene solo agli stupidi, agli insensibili e agli agitati. Il diritto a vivere e trionfare oggi si conquista quasi con gli stessi requisiti con cui si ottiene il ricovero in manicomio: l’incapacità di pensare, l’amoralità e l’ipereccitazione.
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Vivere è morire, perché non abbiamo un giorno in più nella nostra vita senza avere, al contempo, un giorno in meno.
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La mia anima è una misteriosa orchestra. Non so quali strumenti, quali violini e arpe, timpani e tamburi suonino dentro me. Tutto quello che sento è la sinfonia.
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Il mio male peggiore è di non riuscire mai a dimenticare la mia presenza metafisica nella vita. Di qui, la timidezza trascendentale che terrorizza tutti i miei gesti, che toglie a tutte le mie frasi la linfa della semplicità, dell’emozione diretta.
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